
Vi è mai capitato di vedere uno di quei film, magari d’azione, e dire
“ma io lì ci sono passato”? Provate ad immaginare un inseguimento su una strada dove vi siete ritrovati a passeggiare col naso all’insù. Non è che certe scene si vedono solo a Hollywood, si può stare pure un po’ più vicini. Tra gli Anni Cinquanta e gli Anni Settanta quello delle
rapine era un vero e proprio filone cinematografico: mi sono divertita a riscoprire luoghi conosciuti in quelli che sono diventati dei classici della produzione italiana a
Milano.
Chi non conosce
L’audace colpo dei soliti ignoti*? Correva l’anno 1959 e il personaggio che campeggiava sullo schermo era un vero e proprio mito: Vittorio Gassman. Quello che forse si sa un po’ meno è che quel film, che fece seguito a “I soliti ignoti”, si ispira proprio alla celebre rapina di via Osoppo, dell’anno prima.
Ma cos’è successo in via Osoppo? La rapina di via Osoppo ha segnato un’epoca, è stata una delle prime rapine mediatiche, seguita dai cittadini sulle pagine dei diversi quotidiani; fu un vero e proprio assalto a mano armata ad un furgone che faceva il giro tra le agenzie per trasportare titoli e valute. Quello che il Corriere della Sera definì come “la più sensazionale rapina che mai la cronaca milanese abbia registrato” fu un colpo ben organizzato, con sette malviventi a volto coperto pronti ad agire proprio come se fossero dentro ad un film.
Ma minuziosità e perizia non avevano fatto conto con quanto di più umano ci possa essere a questo mondo: il senso di fame. Uno dei banditi infatti, preoccupato di dover fare il colpo a stomaco vuoto, visitò il negozio più vicino con l’intento di procurarsi dei viveri, e fin qui tutto bene, il problema è che lo fece a volto scoperto. Grazie a questa fatale disattenzione la polizia riuscì a risalire in un secondo tempo a tutto il gruppo d’assalto, consegnandolo alla giustizia.
Rimaniamo sempre in ambito cinematografico, ma stavolta l’ispirazione è data da
Banditi a Milano**, il famoso film di Lizzani che narra le gesta della banda Cavallero, il gruppo che tra la fine degli Anni Sessanta e l’inizio degli Anni Settanta insanguinò le vie della città. Erano gli anni in cui la malavita diventò violenta, più arrabbiata, ed iniziò a rivolgere la propria attenzione alle banche, come segno di protesta.

Una di queste banche è
l’agenzia 11 del Banco di Napoli, in largo Zandonai, teatro di uno di quegli scontri nei quali si è versato maggior sangue, con tre morti e una dozzina circa di feriti lasciati sulla strada. La macchina per il colpo, rubata all’attore e musicista Pupo De Luca, divenne poi la protagonista di uno spettacolare inseguimento tra le vie della città. Poteva a questo punto mancare un colpo in centro? Certo che no.
Impossibile non citare quella che è stata poi ribattezzata come la “signora rapina”, dalle parole raccolte a caldo da Dino Buzzati, ai tempi cronista in forza al Corriere della Sera:
“Per me è stata una signora rapina e quelli lì sono dei tipi in gambissima!” fu la testimonianza di un garzone di bottega che aveva assistito alla scena. Era il 1964 e il teatro è quello del lusso di via Montenapoleone; il clan dei Marsigliesi sbarcò nella città meneghina presentandosi con un colpo da 350 milioni di lire.
Otto banditi con quattro auto bloccarono la strada con volto coperto e armi alla mano, otto come i giorni che la polizia impiegò per arrestarli, probabilmente anche grazie alle segnalazioni dei colleghi d’Oltralpe. I marsigliesi seppero far fruttare la consulenza di Luciano Lutrig in merito ai vetri ingfrangibili, ma a quanto pare non ebbero troppo tempo di godere di tale dedizione.
Chi era Lutring? Il solista del mitra.
“Un giorno mia zia mi chiese di andare a pagare una bolletta alle poste. Io andai. Ma l’impiegato era lento e detti un pugno sul bancone. Nel movimento si vide la finta pistola che portavo sotto la cintura. L’impiegato credette che fosse una rapina e mi consegnò i soldi. Io pensai: ‘È così facile?’. E me ne andai col bottino".
La carriera del ladro gentiluomo iniziò quasi per caso, alle poste. Da lì in poi Lutring diventò una figura a dir poco leggendaria, il delinquente conosciuto come “il solista del mitra”, per la sua abitudine di nascondere il mitra in una custodia per il violino che si portava appresso. Lutring divenne una figura quasi mitica, ma tutto questo non gli impedì, dopo anni di scorrerie anche fuori dai confini dell’Italia, di venir catturato ed essere condotto in carcere. E in carcere riuscì a reinventare se stesso, diventando un vero e proprio artista, di quelli quotati.
Quegli anni sono piene di figure del genere, erano gli anni dei disperati, per certi versi, di coloro che dovevano capire quale posto dovevano occupare nel mondo e se necessario rubarselo. Erano gli anni di Vallanzasca e di “Faccia d’Angelo”, ma questa è un’altra storia, che a sentirla pare si tratti di posti lontani e figure mitologiche e invece no, è una storia che nacque proprio all’ombra della Madonnina.
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L'audace colpo dei soliti ignoti su Wikipedia
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