
Il
quartiere di Barriera di Milano nacque nella seconda metà del XIX secolo, in
seguito alla costruzione della prima cinta daziaria di Torino, che fu costruita
per garantire il controllo doganale sulle merci in entrata. All'interno della
cinta muraria si trovavano il centro storico con i quartieri limitrofi e le campagne.
L'ingresso alla città, quella protetta dalle mura, era possibile attraverso
delle barriere, che assicuravano il pagamento del dazio. La barriera
storicamente più famosa era quella di Milano, costruita nell'attuale piazza
Crispi, che allora si trovava sulla strada Reale d'Italia.
Oggi
questo quartiere ha perso il suo ruolo strategico rimanendo una zona
periferica, cosmopolita ma considerata di poco interesse per i torinesi e i
turisti.
Alessandro
Bulgini in Barriera di Milano ci vive. Per lui, architetto tarantino
dall'accento livornese e dallo spirito vagabondo, è stata una scelta naturale
dettata dal nome del quartiere che considera suggestivo: Barriera, che indica
un reale sbarramento, un netto confine tra il centro cittadino patinato e la
periferia a cui non si interessa nessuno. Parlando con lui si capisce
immediatamente che non avrebbe potuto stare altrove. Alessandro è un uomo fuori
dagli schemi, un artista ribelle, che ha voluto essere libero, abbandonando
l'ambiente rigido e protetto delle gallerie d'arte per vivere e assaporare il
mondo.

Come
lui tiene a precisare, però, non stiamo parlando di un eroe romantico che ha
deciso di dedicarsi al bene comune. Si tratta, piuttosto, di un artista un po'
visionario che crede nella divulgazione della bellezza e di ogni espressione
artistica.
Il
motivo principale per cui mi sono incuriosita alla sua storia è legata ai
“merletti” che, ho scoperto, per caso, realizza sui marciapiedi di Barriera. Il
progetto nasce dall'idea di adoperare il ragionamento per capire cosa poter
fare con il preesistente: decorare, ad esempio, un triangolo nato da una crepa
nell'asfalto. Non arte permanente, però, ma segni non invasivi a difesa del
quartiere. Un utilizzo propiziatorio dei disegni che svaniscono sotto la
pioggia o il passaggio delle persone; una sorta di mandala o, meglio, di kolam
indiani: motivi ornamentali in polvere
di riso, disegnati sul terreno dalle donne per proteggere e purificare le
proprie case.
Con
il progetto, che si chiama “000-decoro urbano in Barriera di Milano”, Bulgini
disegna con il gesso bianco forme decorative intervenendo su spazio e
comportamenti, proteggendo e purificando il territorio. La parte più
interessante e divertente riguarda l'interazione del pubblico: “Cosa fai?”
chiedono quasi tutti i passanti. C'è chi si limita a osservare il progredire
dell'opera, c'è chi ringrazia per l'aiuto a rendere più bella questa zona, c'è
l'africano che paragona i disegni di gesso a quelli tipici del proprio Paese e
c'è la signora pugliese che si emoziona vedendo che quelli non sono solamente
segni, ma si rifanno al ricamo a tombolo: i merletti dell'antica tradizione
italiana, soprattutto delle regioni meridionali.

Tutto
questo fa parte del progetto Opera Viva: esperimento ai confini tra arte
pubblica e relazionale. Vivere, difendere il territorio e relazionarsi con i
suoi abitanti, significa comprendere e interpretare il paesaggio contemporaneo,
fuori dai suoi luoghi comuni, restituendogli dignità e identità mediante
l’indagine e il progetto.
Dove
sia possibile vedere i disegni di Alessandro Bulgini non è dato saperlo. Ogni
giorno un nuovo angolo di marciapiede si trasforma in opera d'arte, perciò non
resta che esplorare le vie di Barriera per individuarli. Nel caso poi
incontraste l'artefice di tale bellezza, armatevi di gessetti e aiutatelo: non
vorrete mica che faccia tutto da solo!