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San Gregorio Armeno, la strada dei presepi di Napoli

“Te piace ‘o Presepe?” diceva il grande Eduardo de Filippo. E sì… a noi napoletani il presepe piace! C’è a chi piace vederlo crescere, quasi fosse “na criatura”, aggiungendo di anno in anno pezzi nuovi, e chi preferisce ripartire da zero armato di sughero, muschio e cartapesta. Conservatori o innovatori che siano, tutti gli anni i napoletani si incamminano per San Gregorio Armeno, via che riunisce quasi tutti gli artigiani dell’arte presepiale, tra bancarelle piene di pastori, magi, angeli e pecorelle.
Pochi metri ed è come entrare nel paese dei balocchi: lucine colorate, profumi, musica e tante persone, tra turisti e cittadini. Una folla immensa tanto da essere istituito un senso unico pedonale!

San Gregorio Armeno si sviluppa in poche centinaia di metri e collega i due decumani principali: via dei Tribunali e Spaccanapoli. Qui, nei tempi antichi, c’era un tempio dedicato a Cerere, dea della nascita e della fertilità, a cui i devoti portavano in dono delle piccole sculture; in questa usanza alcuni individuano l’origine dell’arte presepiale e la concentrazione, in questa stessa via, di botteghe artigiane.
San Gregorio Armeno non è però solo tradizione ma anche un occhio ai giorni nostri. A tutti è ormai nota la tendenza di scolpire statuine di vip, sportivi e politici, che magari si sono distinti durante l'anno. Avete bisogno di un ripasso di attualità? Un giro a San Gregorio e il gioco è fatto! Tra il bue e l’asinello si trovano anche Bill De Blasio, nuovo sindaco di New Yorkm e Gualtiero Marchesi, il celebre chef italiano. E chissà che non esca fuori anche Gordon Ramsay.
Il presepe napoletano, quello che “tiriamo fuori” il giorno dell’Immacolata, è diretto discendente dei presepi del ‘700, secolo in cui persino il Re si divertiva ad impastare mattoncini per la capanna. È un presepe popolare, non solo perché poco sfarzoso ma anche perché è una vera e propria riproduzione del paesaggio napoletano dell’epoca: il pescatore, l’osteria, le case non c’è dubbio… sono partenopei. Il presepe è Napoli e Napoli è il presepe!
Su un buon presepe esistono alcuni elementi immancabili perché legati a leggende, usanze e tradizioni. C’è Benito, il pastore che dorme sognando il presepe e che non va svegliato altrimenti il presepe stesso sparirebbe; ci sono i due compari rappresentanti il Carnevale e la Morte; i dodici venditori, uno per ogni mese dell’anno; a gennaio troviamo il salumiere (o macellaio) mentre a dicembre il pescatore che rimanda al miracolo dei pesci e al pescatore di anime.
Predominano i Re Magi che con il loro viaggio simboleggiano il percorso compiuto dal sole da Oriente ad Occidente, ognuno con il suo cavallo: uno bianco per l’alba, uno rosso per il tramonto ed uno nero per la notte. La Grotta è situata sempre nel posto più basso, perché solo chi ha il coraggio di scendere nelle tenebre può assistere alla nascita del “Ninnilo”. Ed infine, accanto alla grotta, c’è l’osteria a rappresentare il vizio ed il piacere materiale. Ci ricorda l’abbondanza dei nostri pranzi natalizi e l’abitudine di mangiare tutti assieme.
Ad adornare il presepe napoletano anche presenze demoniache: l’oste che, come l’ubriaco o il macellaio, viene rappresentato con un aspetto deforme. Non diaboliche, ma sicuramente soprannaturali sono le “anime pezzentelle”, anime del Purgatorio che ritornano sulla terra per chiedere suffragi. Il monaco, il mendicante, lo zoppo rievocano il mito partenopeo secondo cui tutti i morti, dal 2 novembre al 6 gennaio, vagherebbero liberamente nei luoghi che gli furono loro cari in vita.

Tra i pastori non può mancare Pulcinella: simbolo del popolo che subisce, la famosa maschera partenopea rientra, ahimè, tra gli elementi demoniaci, sia perché nasce dall’opera delle streghe alle pendici del Vesuvio, il luogo d’accesso agli inferi, sia per le sue sembianze: ha, infatti, il capo rasato e bernoccoluto, una mezza maschera nera e il suo berretto biforcuto ricorda due corna diaboliche.
Così tante storie in pochi metri di legno e sughero!
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